20 marzo 2009
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Una pila per depressioni gravi
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Per la cura della depressione esistono oggi diverse opzioni farmacologiche, che per la gran parte dei casi risultano efficaci. Resta però il problema del trattamento di quelle forme gravi di depressione maggiore che non rispondono o rispondono parzialmente ai farmaci, una quota che arriva fino al 30%, gravata da elevati costi sociali - compreso il rischio suicidio - e sanitari. Per questi malati di difficile gestione viene proposta una tecnica non invasiva definita "stimolazione transcranica con correnti dirette" (tDCS): un approccio che non deve far pensare alla terapia elettroconvulsiva o elettroshock, ma che si basa invece su un dispositivo simile a una pila a bassa intensità di corrente (1-2 mA), che attraverso elettrodi esterni modula attività cerebrali senza che il soggetto provi alcuna sensazione, e con pochi minuti di applicazione. La tDCS è una tecnica italiana che si è diffusa nel mondo, come informa Alberto Priori, direttore del Centro per la neurostimolazione dell'Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano. In un incontro al Policlinico sono stati riferiti i positivi risultati di uno studio condotto in collaborazione tra il Centro e la Clinica Villa Santa Chiara di Verona e appena pubblicati sul Journal of Affective Disorders, utilizzando l'apparecchiatura prodotta da una società di Policlinico e Università di Milano.
"Le forme depressive farmaco-resistenti sono una minoranza ma sono rilevanti per i costi sociali e sanitari. E va ricordato che la depressione è una delle patologie più disabilitanti e sarà la prima nel 2020" rileva Carlo Altamura, direttore U.O. Psichiatria della Fondazione Policlinico Mangiagalli. In totale gli italiani che soffrono di depressione sarebbero circa cinque milioni, con una spesa sanitaria valutata in 15 miliardi all'anno. "Si definiscono farmaco-resistenti quelle forme in cui si sono registrati almeno tre tentativi consecutivi falliti con antidepressivi diversi, per periodi prolungati e con i dosaggi previsti; sono casi ad alto rischio di suicidio, che vengono affrontati in ambito ospedaliero da equipe specializzate". Per questi casi ci sono trattamenti invasivi e traumatici, poco accettati dai pazienti. La metodica tDCS invece, pur essendo ancora sperimentale, per le sue caratteristiche di efficacia e di semplicità si candida per il prossimo futuro come coadiuvante in ambito ospedaliero o ambulatoriale nella depressione grave, consentendo anche una riduzione di tempi e spese di ricovero. In pratica, consiste nell'applicazione di due elettrodi con due cuscinetti di spugna sulla cute del cranio, senza rasare i capelli, connessi con un dispositivo simile appunto a una pila che rilascia la corrente continua a bassa intensità per alcuni minuti al giorno, mentre la persona non avverte nulla, e può per esempio leggere. "La tecnica e agisce modulando l'attività neuronale fisiologica" spiega Priore. "Non è invasiva, è senza effetti collaterali, non induce movimenti né contrazioni, è indolore e al massimo può dare un po' di prurito; non provoca alcuna alterazione cognitiva a carico dell'attenzione e della memoria, com'è invece tipico con la terapia elettroconvulsiva (TEC). Trova indicazione oltre che per la depressione, nel trattamento del dolore e nel recupero dopo l'ictus".
Nello studio condotto nel Centro di Verona in collaborazione con quello di Milano si è utilizzata la tDCS in 14 pazienti (13 donne e un uomo) con depressione maggiore grave e farmaco-resistente, quasi tutti con tentativi di suicidio e tutti candidati alla TEC, in alternativa appunto a quest'ultima. Si è utilizzato un protocollo modificato con applicazioni biquotidiane di tDCS per cinque giorni per una settimana, testando poi i pazienti dal punto di vista psichiatrico, cognitivo e del tono dell'umore, al termine, dopo tre settimane e a un mese. "Si è ottenuto un miglioramento medio del 33% dalla situazione basale, che significa che l'85% presentava un miglioramento e di questi più di metà mostrava un miglioramento di almeno il 50%" afferma Priore. "Il beneficio si manteneva per diverse settimane e l'impressione è che possa rimanere per mesi, anche se la durata dev'essere ancora stabilita esattamente. Lo studio è preliminare e su pochi pazienti, ma i risultati sono interessanti e il trattamento non ha avuto effetti collaterali, mentre i tempi si sono notevolmente ridotti". Le sperimentazioni cliniche successive, che ora inizieranno anche nel centro milanese, dovranno accertare tra l'altro in quali casi di depressione in relazione anche a sesso ed età del paziente la metodica possa essere più vantaggiosa. La conferma degli effetti sulla depressione in un'ampia casistica segnerebbe un effettivo progresso per la gestione dei casi più difficili.
Viviana Zanardi
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Attività cerebrali modulate
"Le forme depressive farmaco-resistenti sono una minoranza ma sono rilevanti per i costi sociali e sanitari. E va ricordato che la depressione è una delle patologie più disabilitanti e sarà la prima nel 2020" rileva Carlo Altamura, direttore U.O. Psichiatria della Fondazione Policlinico Mangiagalli. In totale gli italiani che soffrono di depressione sarebbero circa cinque milioni, con una spesa sanitaria valutata in 15 miliardi all'anno. "Si definiscono farmaco-resistenti quelle forme in cui si sono registrati almeno tre tentativi consecutivi falliti con antidepressivi diversi, per periodi prolungati e con i dosaggi previsti; sono casi ad alto rischio di suicidio, che vengono affrontati in ambito ospedaliero da equipe specializzate". Per questi casi ci sono trattamenti invasivi e traumatici, poco accettati dai pazienti. La metodica tDCS invece, pur essendo ancora sperimentale, per le sue caratteristiche di efficacia e di semplicità si candida per il prossimo futuro come coadiuvante in ambito ospedaliero o ambulatoriale nella depressione grave, consentendo anche una riduzione di tempi e spese di ricovero. In pratica, consiste nell'applicazione di due elettrodi con due cuscinetti di spugna sulla cute del cranio, senza rasare i capelli, connessi con un dispositivo simile appunto a una pila che rilascia la corrente continua a bassa intensità per alcuni minuti al giorno, mentre la persona non avverte nulla, e può per esempio leggere. "La tecnica e agisce modulando l'attività neuronale fisiologica" spiega Priore. "Non è invasiva, è senza effetti collaterali, non induce movimenti né contrazioni, è indolore e al massimo può dare un po' di prurito; non provoca alcuna alterazione cognitiva a carico dell'attenzione e della memoria, com'è invece tipico con la terapia elettroconvulsiva (TEC). Trova indicazione oltre che per la depressione, nel trattamento del dolore e nel recupero dopo l'ictus".
Pochi casi ma buoni esiti
Nello studio condotto nel Centro di Verona in collaborazione con quello di Milano si è utilizzata la tDCS in 14 pazienti (13 donne e un uomo) con depressione maggiore grave e farmaco-resistente, quasi tutti con tentativi di suicidio e tutti candidati alla TEC, in alternativa appunto a quest'ultima. Si è utilizzato un protocollo modificato con applicazioni biquotidiane di tDCS per cinque giorni per una settimana, testando poi i pazienti dal punto di vista psichiatrico, cognitivo e del tono dell'umore, al termine, dopo tre settimane e a un mese. "Si è ottenuto un miglioramento medio del 33% dalla situazione basale, che significa che l'85% presentava un miglioramento e di questi più di metà mostrava un miglioramento di almeno il 50%" afferma Priore. "Il beneficio si manteneva per diverse settimane e l'impressione è che possa rimanere per mesi, anche se la durata dev'essere ancora stabilita esattamente. Lo studio è preliminare e su pochi pazienti, ma i risultati sono interessanti e il trattamento non ha avuto effetti collaterali, mentre i tempi si sono notevolmente ridotti". Le sperimentazioni cliniche successive, che ora inizieranno anche nel centro milanese, dovranno accertare tra l'altro in quali casi di depressione in relazione anche a sesso ed età del paziente la metodica possa essere più vantaggiosa. La conferma degli effetti sulla depressione in un'ampia casistica segnerebbe un effettivo progresso per la gestione dei casi più difficili.
Viviana Zanardi
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