17 gennaio 2007
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Il bullismo si può prevenire
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Nell'ultimo anno le preoccupazioni riguardo al fenomeno del bullismo e al suo ruolo nella violenza nelle scuole, nella depressione e nello scarso rendimento scolastico sono cresciute. Ne è significativa testimonianza la cronaca dei giornali dell'ultimo periodo, quando gli episodi si sono susseguiti a ritmo incessante. Il problema riguarda in particolare bambini e adolescenti nelle fasce di età comprese tra i 7-8 anni e i 14-16 anni, ossia le scuole elementari e gli anni a cavallo tra le scuole medie inferiori e superiori. Ma esistono soluzioni? Gli studi sull'argomento si moltiplicano e sembrano evidenziare che esistono interventi anti-bullismo supportati da una buona evidenza, anche se gli studi randomizzati sono piuttosto carenti. E la ricerca di strategie di intervento idonee a prevenire o a contrastare il bullismo accomuna molti esperti in problematiche dell'infanzia e dell'adolescenza. Su questa lunghezza d'onda un gruppo di ricerca statunitense ha effettuato una review dei sistemi di intervento scolastico per diminuire il bullismo, segnalati in letteratura.
Il termine bullismo, premettono i ricercatori, deriva dalla parola inglese bullying e identifica un'oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona più potente, o da un gruppo di persone nei confronti di un soggetto percepito come più debole. Le ricadute non sono da sottovalutare e investono lo sviluppo del bambino a più livelli: da quello fisico, a quello emotivo, a quello sociale. Non è un caso che le vittime del fenomeno riportino problemi di insonnia, enuresi, dolori addominali, mal di testa e siano mediamente più tristi dei bambini che non subiscono i bulli. E queste ricadute possono degenerare fino a episodi depressivi gravi e a intenzioni suicidiarie. Oltretutto i problemi possono permanere nel tempo, e, spesso, i bambini vittime del bullismo diventano adolescenti con poca autostima e adulti depressi. Per non parlare delle conseguenze scolastiche: aumenta l'assenteismo, diminuisce il desiderio di far bene e in compenso cresce la paura, per non parlare degli effetti sul rendimento scolastico. E le contromisure? Sono stati effettuati molti tentativi, sottolineano i ricercatori, con risultati contrastanti. Ecco perché per cercare la massima oggettività possibile si è pensato a una review di tutti gli studi effettuati sull'argomento.
Da MEDLINE alla Cochrane Collaboration gli autori hanno "vivisezionato" l'argomento trovando 2090 citazioni, di queste ne sono state approfondite 56, delle quali 26 rientravano nei criteri di inclusione della review. I tipi di intervento esaminati possono essere catalogati in curriculari (10 studi), ossia mirati a intervenire sul curriculum dei bulli, interventi multidisciplinari (10 studi), gruppi di tecniche sociali (4 studi), tutoraggio (1 studio) e supporto socio-lavorativo (1 studio). Dagli studi sono stati valutati parametri diretti (come il bullismo e la vittimizzazione) e indiretti (come il rendimento scolastico e l'autostima). I risultati? Investire denaro in interventi antibullismo ha un senso, ma non tutti funzionano allo stesso modo. Se infatti gli interventi cosiddetti di curriculum hanno inciso solo in 4 casi e tra l'altro solo in specifiche popolazioni, molto di più possono gli interventi multidisciplinari, 7 dei quali hanno avuto effetto e in particolare sui più piccoli. Il fatto è che il bullismo è un fenomeno articolato che vede più soggetti protagonisti e più "ambientazioni", un fenomeno socio-culturale per cui l'intervento non può essere troppo mirato. Ecco perché hanno fallito anche gli interventi socio-lavorativi. Le scuole devono essere in prima linea, perciò, ma non possono essere lasciate sole.
Marco Malagutti
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Bullismo cioè?
Il termine bullismo, premettono i ricercatori, deriva dalla parola inglese bullying e identifica un'oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona più potente, o da un gruppo di persone nei confronti di un soggetto percepito come più debole. Le ricadute non sono da sottovalutare e investono lo sviluppo del bambino a più livelli: da quello fisico, a quello emotivo, a quello sociale. Non è un caso che le vittime del fenomeno riportino problemi di insonnia, enuresi, dolori addominali, mal di testa e siano mediamente più tristi dei bambini che non subiscono i bulli. E queste ricadute possono degenerare fino a episodi depressivi gravi e a intenzioni suicidiarie. Oltretutto i problemi possono permanere nel tempo, e, spesso, i bambini vittime del bullismo diventano adolescenti con poca autostima e adulti depressi. Per non parlare delle conseguenze scolastiche: aumenta l'assenteismo, diminuisce il desiderio di far bene e in compenso cresce la paura, per non parlare degli effetti sul rendimento scolastico. E le contromisure? Sono stati effettuati molti tentativi, sottolineano i ricercatori, con risultati contrastanti. Ecco perché per cercare la massima oggettività possibile si è pensato a una review di tutti gli studi effettuati sull'argomento.
Quali strategie
Da MEDLINE alla Cochrane Collaboration gli autori hanno "vivisezionato" l'argomento trovando 2090 citazioni, di queste ne sono state approfondite 56, delle quali 26 rientravano nei criteri di inclusione della review. I tipi di intervento esaminati possono essere catalogati in curriculari (10 studi), ossia mirati a intervenire sul curriculum dei bulli, interventi multidisciplinari (10 studi), gruppi di tecniche sociali (4 studi), tutoraggio (1 studio) e supporto socio-lavorativo (1 studio). Dagli studi sono stati valutati parametri diretti (come il bullismo e la vittimizzazione) e indiretti (come il rendimento scolastico e l'autostima). I risultati? Investire denaro in interventi antibullismo ha un senso, ma non tutti funzionano allo stesso modo. Se infatti gli interventi cosiddetti di curriculum hanno inciso solo in 4 casi e tra l'altro solo in specifiche popolazioni, molto di più possono gli interventi multidisciplinari, 7 dei quali hanno avuto effetto e in particolare sui più piccoli. Il fatto è che il bullismo è un fenomeno articolato che vede più soggetti protagonisti e più "ambientazioni", un fenomeno socio-culturale per cui l'intervento non può essere troppo mirato. Ecco perché hanno fallito anche gli interventi socio-lavorativi. Le scuole devono essere in prima linea, perciò, ma non possono essere lasciate sole.
Marco Malagutti
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