02 ottobre 2018
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Chat Yourself, il software alleato dei malati di Alzheimer
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I ricordi cominciano a sbiadire, si fa confusione con tempi e luoghi, le stesse informazioni vengono richieste più olte: questi tra i primi sintomi con cui si manifesta la malattia di Alzheimer, la forma di demenza più diffusa, che nel nostro Paese affligge oltre seicentomila individui (pari a quasi il 5% dell'intera popolazione over 65, una percentuale destinata a triplicarsi entro il 2030).
La patologia è dovuta all'azione di due proteine, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare. I fattori di rischio includono l'età avanzata, storia familiare, traumi cranici, malattie vascolari e uno stile di vita scorretto (fumo, alcol, scarsa attività fisica).
Per combattere questo mostro silenzioso ci si affida alla ricerca e a diagnosi precoci sempre più precise, tese a individuare le caratteristiche dell'Alzheimer quando ancora non si è manifestato, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici. L'Italia è in prima fila in questa attività di ricerca con il progetto 'Interceptor', uno studio osservazionale che ha l'obiettivo, appunto, di intercettare con precisione i soggetti che svilupperanno la patologia di Alzheimer.
Dato che al momento, purtroppo, non esistono farmaci in grado di arrestare o far regredire la malattia, le cure disponibili mirano a contenere i sintomi o limitarne l'aggravarsi per alcuni mesi. Ma l'impegno per ridare dignità ai malati e aiutarli a riconquistare la propria quotidianità, rispondendo in maniera più efficace alle loro esigenze, oggi passa anche dall'utilizzo della tecnologia, unitamente ai social.
Nelle prime fasi della malattia, un chatbot - vale a dire un software basato sull'intelligenza artificiale, in grado di simulare una conversazione con un essere umano - può infatti rappresentare un supporto concreto per preservare la dignità e l'indipendenza del paziente e per aiutare i familiari ad affrontare con maggiore serenità questa condizione. Di questi temi si è discusso in occasione dell'evento "Alzheimer, non perdiamolo di vista", organizzato da Italia Longeva, la rete nazionale di ricerca sull'invecchiamento e la longevità attiva del Ministero della Salute.
Una proposta concreta di utilizzo sociale dell'innovazione tecnologica arriva da Chat Yourself, il primo chatbot per quei malati di Alzheimer che si trovano in uno stadio ancora non grave della malattia, quando però nella memoria cominciano a formarsi i primi vuoti.
Si tratta, in pratica, di una 'memoria di riserva', a portata di smartphone in qualunque momento della giornata per aiutare le persone a ricordare informazioni fondamentali, come ad esempio il nome dei figli, il percorso per tornare a casa, le scadenze, eventuali allergie e altre informazioni personali che solo l'utente può sapere.
Attraverso l'invio di notifiche personalizzate, il chatbot ricorda al malato la disponibilità costante di un supporto e lo aiuta a mantenere la routine dell'orario in cui fare colazione o prendere un medicinale. Nato da un'idea dell'agenzia Young & Rubicam, con il supporto tecnico di Nextopera e il patrocinio di Italia Longeva, Chat Yourself, attraverso l'utilizzo di Messenger (l'applicazione di messaggistica istantanea di Facebook) è in grado di raccogliere tutte le informazioni relative alla vita di una persona (al primo accesso il programma chiede di rispondere a una cinquantina di domande riguardanti abitazione, lavoro, famiglia, salute, abitudini) così da poter fornire successivamente le risposte esatte su richiesta all'utente, che ha anche la possibilità di impostare notifiche personalizzate. «Obiettivo di Chat Yourself è quindi quello di contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all'impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare", sottolinea Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva.
Il chatbot è disponibile e accessibile a tutti gratuitamente sulla pagina Facebook di Chat Yourself (@chatyourselfitalia).
Claudio Buono
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...e inoltre su Dica33:
La patologia è dovuta all'azione di due proteine, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare. I fattori di rischio includono l'età avanzata, storia familiare, traumi cranici, malattie vascolari e uno stile di vita scorretto (fumo, alcol, scarsa attività fisica).
Per combattere questo mostro silenzioso ci si affida alla ricerca e a diagnosi precoci sempre più precise, tese a individuare le caratteristiche dell'Alzheimer quando ancora non si è manifestato, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici. L'Italia è in prima fila in questa attività di ricerca con il progetto 'Interceptor', uno studio osservazionale che ha l'obiettivo, appunto, di intercettare con precisione i soggetti che svilupperanno la patologia di Alzheimer.
Dato che al momento, purtroppo, non esistono farmaci in grado di arrestare o far regredire la malattia, le cure disponibili mirano a contenere i sintomi o limitarne l'aggravarsi per alcuni mesi. Ma l'impegno per ridare dignità ai malati e aiutarli a riconquistare la propria quotidianità, rispondendo in maniera più efficace alle loro esigenze, oggi passa anche dall'utilizzo della tecnologia, unitamente ai social.
Nelle prime fasi della malattia, un chatbot - vale a dire un software basato sull'intelligenza artificiale, in grado di simulare una conversazione con un essere umano - può infatti rappresentare un supporto concreto per preservare la dignità e l'indipendenza del paziente e per aiutare i familiari ad affrontare con maggiore serenità questa condizione. Di questi temi si è discusso in occasione dell'evento "Alzheimer, non perdiamolo di vista", organizzato da Italia Longeva, la rete nazionale di ricerca sull'invecchiamento e la longevità attiva del Ministero della Salute.
Un assistente virtuale
Una proposta concreta di utilizzo sociale dell'innovazione tecnologica arriva da Chat Yourself, il primo chatbot per quei malati di Alzheimer che si trovano in uno stadio ancora non grave della malattia, quando però nella memoria cominciano a formarsi i primi vuoti.
Si tratta, in pratica, di una 'memoria di riserva', a portata di smartphone in qualunque momento della giornata per aiutare le persone a ricordare informazioni fondamentali, come ad esempio il nome dei figli, il percorso per tornare a casa, le scadenze, eventuali allergie e altre informazioni personali che solo l'utente può sapere.
Attraverso l'invio di notifiche personalizzate, il chatbot ricorda al malato la disponibilità costante di un supporto e lo aiuta a mantenere la routine dell'orario in cui fare colazione o prendere un medicinale. Nato da un'idea dell'agenzia Young & Rubicam, con il supporto tecnico di Nextopera e il patrocinio di Italia Longeva, Chat Yourself, attraverso l'utilizzo di Messenger (l'applicazione di messaggistica istantanea di Facebook) è in grado di raccogliere tutte le informazioni relative alla vita di una persona (al primo accesso il programma chiede di rispondere a una cinquantina di domande riguardanti abitazione, lavoro, famiglia, salute, abitudini) così da poter fornire successivamente le risposte esatte su richiesta all'utente, che ha anche la possibilità di impostare notifiche personalizzate. «Obiettivo di Chat Yourself è quindi quello di contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all'impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare", sottolinea Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva.
Il chatbot è disponibile e accessibile a tutti gratuitamente sulla pagina Facebook di Chat Yourself (@chatyourselfitalia).
Claudio Buono
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