20 febbraio 2004
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Male oscuro, ultimi dati
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Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono 121 milioni le persone affette, con gravità diversa, dalla depressione. In termini di anni vissuti da ammalato (Years Lived with Disability o YLD) è la malattia numero uno al mondo e nella classifica delle malattie che più accorciano la vita viene al 4° posto. Il suo peso, però, è destinato ad aumentare: per il 2020 si stima che salirà al 2° posto considerando tutta la popolazione mondiale. Se invece si considera soltanto la popolazione tra 15 e 44 anni di entrambi i sessi questo posto gli spetta già.
Ovviamente il dato varia da nazione a nazione. Ma la prevalenza resta comunque alta un po' dappertutto. I dati più recenti per l'Italia stimano in 5 milioni le persone colpite, con una spesa sanitaria valutabile in 15 miliardi di euro l'anno. Cifra che comprende, oltre ai costi delle cure, quelli relativi alla mancata produttività, cioè le giornate di lavoro perse.
Se questo è il dato complessivo, un'altra circostanza suscita allarme e cioè l'aumento dei casi tra i giovani e giovanissimi: sempre in Italia, riguarderebbe l'8-10% degli adolescenti, un dato che coincide con quello relativo ai casi di suicidio in questa fascia di età. Infatti il suicidio rappresenta la terza causa di morte tra i giovani di 14-24 anni e molto spesso togliersi la vita è un atto indotto proprio dalla depressione maggiore.
Peraltro, nella distribuzione dei casi di depressione si registra uno svantaggio forte per la popolazione femminile, che ne soffre in una percentuale quasi doppia: il 15% contro l'8% degli uomini.
Un'indagine condotta dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale sottolinea poi un altro dato: sono poche le persone che ricevono cure specifiche: soltanto il 40% è sottoposto a un trattamento, farmacologico o psicoterapeutico che sia. E' peraltro una situazione diffusa globalmente, visto che secondo l'OMS in media è il 25% dei pazienti a essere curato adeguatamente, e in alcuni paesi la quota scende addirittura al 10%. Questione anche di strutture: non sono molti i centri e i reparti psichiatrici pubblici in Italia e quindi le cure sono quasi sempre a carico del paziente. Una possibile soluzione potrebbe essere un maggior coinvolgimento del medico di famiglia nella diagnosi e nel trattamento almeno delle forme meno gravi. Infatti, secondo uno studio pubblicato nel 2002, i medici di famiglia, anche quando riconoscono correttamente il disturbo, prescrivono antidepressivi soltanto nel 40% dei casi che lo richiederebbero. Un altro studio, poi, condotto in 8 ASL dell'Emilia Romagna rivela che anche quando vengo prescritti i farmaci adeguati, spesso l'assunzione è sporadica e raramente la terapia, per dosi e durata, rispetta gli schemi di trattamento indicati dalle linee guida sulla depressione. Per esempio, solo il 60% dei pazienti curati continuativamente assume il farmaco per almeno sei mesi.
Vi sono poi grandi differenze tra una Regione e l'altra: il consumo è più forte, o forse più adeguato alle necessità, nel Centro-Nord dove Liguria, Emilia-Romagna e Toscana hanno un consumo doppio rispetto alla media nazionale e regioni del Mezzogiorno, Puglia e Campania per esempio, presentano un numero di prescrizioni inferiore della metà.
Vista la situazione non stupisce che si cerchi di correre ai ripari, offrendo anche nuove forme di assistenza. E' il caso, per esempio, del nuovo ambulatorio allestito dagli Ospedali Riuniti di Bergamo e affidato al dottor Massimo Biza, direttore del Dipartimento di salute mentale degli ospedali Riuniti di Bergamo. Qui i pazienti, a partire dal prossimo 1° marzo, potranno consultare gratuitamente uno specialista (035-269677, il lunedì mercoledì e venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e il giovedì dalle 14.00 alle 16.30). L'iniziativa è stata resa è possibile dalla collaborazione, oltre che della Regione Lombardia, anche della Fondazione Idea, e prevede anche il numero verde 'Sos depressione' che risponde sette giorni su sette (800-122907).
Maurizio Imperiali
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Ovviamente il dato varia da nazione a nazione. Ma la prevalenza resta comunque alta un po' dappertutto. I dati più recenti per l'Italia stimano in 5 milioni le persone colpite, con una spesa sanitaria valutabile in 15 miliardi di euro l'anno. Cifra che comprende, oltre ai costi delle cure, quelli relativi alla mancata produttività, cioè le giornate di lavoro perse.
Se questo è il dato complessivo, un'altra circostanza suscita allarme e cioè l'aumento dei casi tra i giovani e giovanissimi: sempre in Italia, riguarderebbe l'8-10% degli adolescenti, un dato che coincide con quello relativo ai casi di suicidio in questa fascia di età. Infatti il suicidio rappresenta la terza causa di morte tra i giovani di 14-24 anni e molto spesso togliersi la vita è un atto indotto proprio dalla depressione maggiore.
Peraltro, nella distribuzione dei casi di depressione si registra uno svantaggio forte per la popolazione femminile, che ne soffre in una percentuale quasi doppia: il 15% contro l'8% degli uomini.
Pochi i pazienti in cura
Un'indagine condotta dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale sottolinea poi un altro dato: sono poche le persone che ricevono cure specifiche: soltanto il 40% è sottoposto a un trattamento, farmacologico o psicoterapeutico che sia. E' peraltro una situazione diffusa globalmente, visto che secondo l'OMS in media è il 25% dei pazienti a essere curato adeguatamente, e in alcuni paesi la quota scende addirittura al 10%. Questione anche di strutture: non sono molti i centri e i reparti psichiatrici pubblici in Italia e quindi le cure sono quasi sempre a carico del paziente. Una possibile soluzione potrebbe essere un maggior coinvolgimento del medico di famiglia nella diagnosi e nel trattamento almeno delle forme meno gravi. Infatti, secondo uno studio pubblicato nel 2002, i medici di famiglia, anche quando riconoscono correttamente il disturbo, prescrivono antidepressivi soltanto nel 40% dei casi che lo richiederebbero. Un altro studio, poi, condotto in 8 ASL dell'Emilia Romagna rivela che anche quando vengo prescritti i farmaci adeguati, spesso l'assunzione è sporadica e raramente la terapia, per dosi e durata, rispetta gli schemi di trattamento indicati dalle linee guida sulla depressione. Per esempio, solo il 60% dei pazienti curati continuativamente assume il farmaco per almeno sei mesi.
Vi sono poi grandi differenze tra una Regione e l'altra: il consumo è più forte, o forse più adeguato alle necessità, nel Centro-Nord dove Liguria, Emilia-Romagna e Toscana hanno un consumo doppio rispetto alla media nazionale e regioni del Mezzogiorno, Puglia e Campania per esempio, presentano un numero di prescrizioni inferiore della metà.
Vista la situazione non stupisce che si cerchi di correre ai ripari, offrendo anche nuove forme di assistenza. E' il caso, per esempio, del nuovo ambulatorio allestito dagli Ospedali Riuniti di Bergamo e affidato al dottor Massimo Biza, direttore del Dipartimento di salute mentale degli ospedali Riuniti di Bergamo. Qui i pazienti, a partire dal prossimo 1° marzo, potranno consultare gratuitamente uno specialista (035-269677, il lunedì mercoledì e venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e il giovedì dalle 14.00 alle 16.30). L'iniziativa è stata resa è possibile dalla collaborazione, oltre che della Regione Lombardia, anche della Fondazione Idea, e prevede anche il numero verde 'Sos depressione' che risponde sette giorni su sette (800-122907).
Maurizio Imperiali
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